Arriva il bavaglio…

Il fatto è questo: l’altro giorno a Roma è comparso un cartellone pubblicitario dove era raffigurato il feto di un bambino di undici settimane. Si mostra come, pur nel grembo materno, il feto non sia un generico ammasso di cellule ma una vera e propria persona, e ciò fin dal suo concepimento. Il cartellone è stato proposto da una associazione, la ProVita, che si occupa di sensibilizzare sul fatto che l’aborto sia il sopprimere una vita e non un intervento chirurgico di routine. La frase che presentava il cartellone diceva che, non c’è essere umano che non sia stato nel grembo materno; a prescindere dal tipo di persona che siamo diventati nel corso della nostra esistenza, ognuno di noi a 11 settimane di vita aveva un cuore che batteva e tutti gli organi presenti, ed ora siamo qui perché le nostre mamme non ci hanno abortito. In realtà il manifesto affisso dalla associazione pro life rientra in una più ampia campagna per la protezione al diritto alla vita, accompagnata da una petizione “affinché il ministero della Salute garantisca che le donne vengano messe a conoscenza delle conseguenze, provocate dall’aborto volontario sulla loro salute fisica e psichica”. Tutto questo è visto come un attacco alla legge 194 sull’interruzione di gravidanza, di cui ricorre il quarantesimo anniversario il prossimo 22 maggio. In questi quattro decenni sono stati eseguiti 6 milioni di aborti, computo in cui non rientra il vero e proprio boom di aborti farmacologici effettuati tramite la pillola Ru 486, la pillola dei cinque giorni dopo e quella del giorno dopo. Si stima infatti che solo nel 2016 sono state vendute circa 400mila confezioni di pillole abortive. Tutto questo è avvenuto mentre il Paese è sprofondato verso il tasso di natalità più basso da quando esistono le rilevazioni sulla demografia, appena 1,3 figlia per donna. Considerando anche i crescenti problemi di fertilità che colpiscono le donne, non si capisce quindi per quale motivo sia un attentato alla libertà delle donne chiedere che lo stato italiano garantisca un’informazione puntale alle donne in merito alle conseguenze dell’aborto. Stizzite si sono levate le reazioni scomposte di gruppi di femministe e di consiglieri comunali, di area contraria al diritto della vita, che chiedono la rimozione di questo cartellone che ha tutto tranne che immagini che possono offendere. Se il corpo umano è ostentato nella oscenità o nella ambiguità, se immagini violente e volgari appaiono su ogni dove, se si può usare il diritto di satira (!?!) per offendere la religione cristiana, fa strano invece che un cartellone sul valore della vita susciti così tanto livore. Stiamo davanti in una mentalità che vuole mettere il bavaglio a tutto ciò che viene dalla fede e dalla cultura che la fede genera. Gesù nel Vangelo ha detto: “Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”. Non facciamoci mettere il bavaglio alla verità.  don Luca