Dio-che-viene

All’inizio di un nuovo ciclo annuale, la liturgia invita la Chiesa a rinnovare il suo annuncio a tutte le genti e lo riassume in due parole: “Dio viene“. Questa espressione così sintetica contiene una forza di suggestione sempre nuova. Fermiamoci un momento a riflettere: non viene usato il passato – Dio è venuto -, né il futuro – Dio verrà -, ma il presente: “Dio viene”. Si tratta, a ben vedere, di un presente continuo, cioè di un’azione sempre in atto: è avvenuta, avviene ora e avverrà ancora. In qualunque momento, “Dio viene”. Il verbo “venire” appare qui come un verbo “teologico”, addirittura “teologale”, perché dice qualcosa che riguarda la natura stessa di Dio. Annunciare che “Dio viene” equivale, pertanto, ad annunciare semplicemente Dio stesso, attraverso un suo tratto essenziale e qualificante: il suo essere il Dio-che-viene. L’Avvento richiama i credenti a prendere coscienza di questa verità e ad agire in conseguenza. Risuona come un appello salutare nel ripetersi dei giorni, delle settimane, dei mesi: Svegliati! Ricordati che Dio viene! Non ieri, non domani, ma oggi, adesso! L’unico vero Dio, non è un Dio che se ne sta in cielo, disinteressato a noi e alla nostra storia, ma è il-Dio-che-viene. È un Padre che mai smette di pensare a noi e, nel rispetto estremo della nostra libertà, desidera incontrarci e visitarci; vuole venire, dimorare in mezzo a noi, restare con noi. Il suo “venire” è spinto dalla volontà di liberarci dal male e dalla morte, da tutto ciò che impedisce la nostra vera felicità. Dio viene a salvarci. I Padri della Chiesa osservano che il “venire” di Dio si concentra nelle due principali venute di Cristo, quella della sua Incarnazione e quella del suo ritorno glorioso alla fine della storia. Il tempo di Avvento vive tutto di questa polarità. Nei primi giorni l’accento cade sull’attesa dell’ultima venuta del Signore. Avvicinandosi poi il Natale, prevarrà invece la memoria dell’avvenimento di Betlemme, per riconoscere in esso la “pienezza del tempo”. Tra queste due venute “manifeste” se ne può individuare una terza, la quale avviene nell’anima dei credenti e getta come un “ponte” tra la prima e l’ultima. “Nella prima – scrive san Bernardo – Cristo fu nostra redenzione, nell’ultima si manifesterà come nostra vita, in questa è nostro riposo e nostra consolazione”. Per quella venuta di Cristo, che potremmo chiamare “incarnazione spirituale”, l’archetipo è sempre Maria. Come la Vergine Madre custodì nel suo cuore il Verbo fatto carne, così ogni singola anima e l’intera Chiesa sono chiamate, nel loro pellegrinaggio terreno, ad attendere il Cristo che viene e ad accoglierlo con fede ed amore sempre rinnovati. La liturgia dell’Avvento pone così in luce come la Chiesa dia voce all’attesa di Dio profondamente inscritta nella storia dell’umanità; un’attesa purtroppo spesso soffocata o deviata verso false direzioni. Corpo misticamente unito a Cristo Capo, la Chiesa è sacramento, cioè segno e strumento efficace anche di questa attesa di Dio. Essenziali e inseparabili dalla preghiera sono poi le “buone opere”. In questa prospettiva l’Avvento è più che mai adatto ad essere un tempo vissuto in comunione con tutti coloro – e grazie a Dio sono tanti – che sperano in un mondo più giusto e più fraterno.