Per essere forti

Davanti alla emergenza del Coronavirus va da sé che bisogna reagire. Lo fanno le persone che sono in prima linea nella cura, nel soccorso, nell’attenzione alle persone malate. Lo fanno tutte quelle persone che a vario titolo contribuiscono a non far mancare i generi e i servizi primari. Lo fanno tante persone, lo facciamo tutti. Anche il mantenere le distanze di sicurezza unitamente alle normali e sempre valide abitudini di igiene (i famosi consigli della nonna che resistono all’usura del tempo…) adottare semplici e sostenibili criteri di sicurezza, sono azioni che collaborano ad un miglioramento della situazione. Imperversano anche molti messaggi, molti appelli, molti annunci… tanti sono importanti, alcuni emotivi, altri discutibili… Impazzano in tempo di social i cosiddetti “hashtag” con vari titoli e sottolineature. Uno che ha colpito è stato quello: “Andrà tutto bene”. E’ di sicuro l’auspicio che tutti abbiamo, ci mancherebbe altro che a qualcuno vada bene quello che c’è ora… Frasi che sono dettate dalla necessità di dare speranza, ma che possono avere un rischio, quello di rimanere appagati da una emotività, non mettendo in gioco tutto l’insieme dei fattori. “Andrà tutto bene” si dice, ma qualcuno pensa anche: “Andrà bene a tutti?” Io sto bene, ma penso a chi bene non sta? Faccio qualcosa per gli altri? Coniare slogan può essere utile ma non risolve, far fare disegni colorati ai bambini è sicuramente bello, ma è importante anche andare alla vera radice della speranza, che alimenta la carità e una riflessione ampia sul significato del momento presente. Ci ricordiamo che la speranza viene da Cristo? Sappiamo che in Lui possiamo trovare ciò che ci permette di guardare al presente, abbracciando tutti i fattori e sapendo trarre insegnamenti utili e costruttivi? In Quaresima siamo invitati a tenere vivi quegli strumenti che la Chiesa da sempre ci offre: preghiera, digiuno e carità. Per rendere concreto e non emotivo il nostro vivere il presente potrebbe aiutarci sicuramente il digiuno. Esso è una scelta che ci tocca, una rinuncia che deve avere un perché, ma che vissuta è capace di fortificare perché mi mette in grado di dominare e di guidare la volontà. Digiuno che non è fine a sé stesso ma che diventa occasione di preghiera e di offerta. Ecco allora la proposta di un digiuno (ciascuno in base all’età e alle condizioni di salute lo costruisca per sé) da farsi una volta al giorno il mercoledì e il venerdì, offrendo la rinuncia e trasformandola in preghiera. Può cambiare il nostro modo di vivere il presente, ora e anche dopo, quando “andrà tutto bene”…

don Luca