Feste mariane: l’Annunciazione

Al centro del significato di questa festa mariana, sta la contemplazione del mistero dell’amore di Dio, che supera ogni distanza tra sé e la sua creatura e getta un ponte anche sull’abisso scavato dal peccato, entrando nella storia dell’uomo fino a farsi figlio di Adamo, assumendo la condizione umana. Gesù è davvero l’Emmanuele, il Dio con noi, come profetizza Isaia. E se dal punto di vista storico la profezia isaiana aveva una portata più modesta, perché annunciava la nascita di un figlio del re quale segno concreto e percepibile della protezione divina, la stessa lettura ebraica vi ha scorto un di più, un’attesa messianica, che rende liberamente ‘giovane donna’ con ‘vergine’. È però il compimento neotestamentario che permette di cogliere appieno la portata dell’attesa messianica. Cosi le parole del Sal 39 vengono riprese dalla lettera agli Ebrei, che ne coglie il senso cristologico e un’allusione all’incarnazione e al sacrificio di Cristo sulla croce. Vi è però uno sguardo privilegiato sul mistero dell’incarnazione, che ci è consegnato dalla lettura evangelica odierna: quello di Maria. Ella crede con ogni fibra della propria persona che il Signore ama tanto in modo appassionato questo mondo da essere disposto a percorrere le vie più inedite, pur di riannodare un dialogo di amicizia con l’umanità che si è allontanata da lui. E se il profeta Isaia giungeva a supplicare una rinnovata vicinanza divina al popolo peccatore fino al punto di esortare Dio a squarciare i cieli e a discendere («Oh! Se tu squarciassi i cieli e scendessi!»: Is 63,19), la vergine di Nazareth è talmente certa di Dio e del suo infinito amore da accogliere anche l’idea più impensata e quasi blasfema: per superare la barriera della colpa sarebbe venuto Dio stesso in mezzo a noi, per essere in senso forte e insuperabile il ‘Dio con noi’. Maria, con cuore immune dalle devastazioni del peccato, può sentire l’amore di Dio con una tale vicinanza, verità e forza da non stupirsi di nulla, neppure che egli intenda farsi bambino e voglia realizzare con l’umanità una comunione totale, quella che viene dall’appartenere alla stessa carne e allo stesso sangue. Nessuna parola come quel «Nulla sarà impossibile a Dio», proferito dall’angelo Gabriele, trova una corrispondenza tanto piena di fiducia come quella che Maria le accorda e che porterà poco dopo la parente Elisabetta ad acclamarla come la ‘credente’ che ha avuto fede piena nell’adempimento della parola del Signore! Anche l’obiezione all’angelo, correttamente tradotta («Come avverrà questo, poiché non conosco uomo») non è affatto un dubbio di Maria, ma un chiedere a Dio che le indichi le vie per quella maternità che le sembra trascendere ogni possibilità umana. Ebbene, le parole dell’angelo chiariranno ulteriormente ciò che Maria ha come intuito nel suo cuore: il bambino che prenderà forma in lei, sarà frutto dello Spirito e la sua nascita ‘santa’ (cioè di origine divina) lo farà riconoscere come Figlio di Dio. Lei ha davvero creduto che il Figlio di Dio possa farsi figlio dell’uomo!