La parrocchia è la nostra famiglia… pensiamoci

Spesso, ma particolarmente ai nostri giorni, una parola poco usata è il “grazie”. Quasi è diventata un “optional”. Per cui, se non stiamo attenti, ci creiamo la mentalità che la nostra vita abbia solo diritti e pochi o niente doveri. Difatti quando ti senti rispondere: “grazie”, si rimane un po’ meravigliati: “mi ha detto grazie!”. E’ una premessa che vuole motivare il “grazie” che la parrocchia non può e non deve dimenticare di dire proprio ad un gran numero di persone che, con profondo senso di gratuità e di corresponsabilità, danno “una mano forte” nei vari impegni che la parrocchia si assume per il bene di tutti e spesso sono persone che non sono neppure conosciute nel bene che fanno in silenzio e umiltà.

Un “grazie” che non è certo solo di una singola persona quale possa essere il prevosto don Luca che, a pensiero di qualcuno, come un buon parafulmine deve mettere la faccia in tutto e per tutto quello che si fa (modello manager), ma vuole essere soprattutto il grazie di tutti i parrocchiani, perché sono loro che, per primi, godono del bene che queste persone fanno per la nostra parrocchia.

Non serve un elenco dei diversi settori dove le persone offrono la loro collaborazione per rendere più consapevoli i parrocchiani delle tante persone che si impegnano, dando tempo, energie, sacrifici ma serve un vero grazie perché la fede e l’amore che motivano il loro lavoro per il bene della parrocchia.

Veramente un lungo elenco di persone che sono “la vita della parrocchia”; sono loro la “forza” che rendono possibili nei vari settori spirituali e materiali, in ogni campo possibile ed immaginabile, le iniziative della comunità.

Per cui, se si va avanti spesso anche bene, è perché ci sono loro! Gesù dice nel Vangelo: “Senza di me, non potete far nulla”. Ma è Gesù che suscita in parrocchia queste persone generose perché senza di loro potremmo davvero fare poco o nulla. Sarebbe bello che queste considerazioni suscitassero il bisogno a chi legge di porsi questa domanda: “E perché non do anch’io una mano, se lo posso fare?”.

Non sempre certo è possibile ma o poco o molto tutti possiamo fare qualcosa.

Coloro che vogliono collaborare, troveranno un “datore di lavoro” che dirà loro: benvenuti, grazie! E ce lo auguriamo, perché la riconoscenza del bene ricevuto possiamo soprattutto dimostrarla non solo a parole ma collaborando al bene della parrocchia che in fondo è la “grande famiglia” di noi tutti. La parrocchia come la famiglia delle famiglie, quella casa che ha sempre le porte aperte (entrambe!) quella dimora che non ha proprietà privata perché é di tutti ma ha anche bisogno di essere amata da tutti.

Se le cose vanno bene é merito di tutti, ma se non vanno ognuno ha una responsabilità netta e concreta. Il disinteresse che il mondo d’oggi ci insegna come modo migliore per vivere “ho già i miei problemi, figurati se devo dare una mano in chiesa ed averne altri” é il tumore più grosso che una società può avere. Il sentirci estranei a tutto ciò che ci circonda é il male più grosso che ci isola da ciò che siamo: figli di Dio.

E’ questo un invito quindi per tutti coloro che vorranno unirsi a questi collaboratori perché con il poco aiuto di molti si fa sempre tanto e di più. E un “grazie” a tutti coloro che già fanno tanto ma che, apprezzerebbero davvero un aiuto in più. A tutti diciamo: “Dio ve ne renda merito”. Mettiamoci in gioco perché é una corresponsabilità di tutti che fa fare grandi cammini.

Rocco

articolo tratto del numero 5 del notiziario “Hesed” della Comunità pastorale “San Luigi Guanella”