“Samaritanus bonus” 6: Conclusione

Conclusione

Il mistero della Redenzione dell’uomo è in modo sorprendente radicato nel coinvolgimento amorevole di Dio con la sofferenza umana. Ecco perché possiamo fidarci di Dio e trasmettere questa certezza nella fede all’uomo sofferente e spaventato dal dolore e dalla morte.

La testimonianza cristiana mostra come la speranza sia sempre possibile, anche all’interno della cultura dello scarto. «L’eloquenza della parabola del Buon Samaritano, come anche di tutto il Vangelo, è in particolare questa: l’uomo deve sentirsi come chiamato in prima persona a testimoniare l’amore nella sofferenza».[96]

La Chiesa impara dal Buon Samaritano la cura del malato terminale e obbedisce così al comandamento connesso al dono della vita: «rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana!».[97] Il vangelo della vita è un vangelo della compassione e della misericordia indirizzato all’uomo concreto, debole e peccatore, per sollevarlo, mantenerlo nella vita di grazia e, se possibile, guarirlo da ogni possibile ferita.

Non basta, tuttavia, condividere il dolore, bisogna immergersi nei frutti del Mistero Pasquale di Cristo per vincere il peccato e il male, con la volontà di «rimuovere la miseria altrui come si trattasse della propria».[98] La miseria più grande consiste, però, nella mancanza di speranza davanti alla morte. Questa è la speranza annunciata dalla testimonianza cristiana, la quale, per essere efficace, deve essere vissuta nella fede, coinvolgendo tutti, familiari, infermieri, medici, e la pastorale delle diocesi e dei centri ospedalieri cattolici, chiamati a vivere con fedeltà il dovere d’accompagnamento dei malati in tutte le fasi della malattia, e in particolare nelle fasi critiche e terminali della vita, così come definito nel presente documento.

Il Buon Samaritano, che pone al centro del suo cuore il volto del fratello in difficoltà, sa vedere il suo bisogno, gli offre tutto il bene necessario per sollevarlo dalla ferita della desolazione e apre nel suo cuore luminose feritoie di speranza.

Il “volere il bene” del Samaritano, che si fa prossimo dell’uomo ferito non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità (cfr. 1 Gv 3, 18), prende la forma di cura, sull’esempio di Cristo il quale passò beneficando e sanando tutti (cfr. At 10, 38).

Guariti da Gesù, diveniamo uomini e donne chiamati ad annunciare la sua potenza sanante, ad amare e a prenderci cura del prossimo come Lui ci ha testimoniato.

Questa vocazione all’amore e alla cura per l’altro,[99] che porta con sé guadagni di eternità, è resa esplicita dal Signore della vita nella parafrasi del giudizio finale: ricevete in eredità il regno, perché ero malato e mi avete visitato. Quando mai, Signore? Tutte le volte che avete fatto questo a un vostro fratello più piccolo, a un vostro fratello sofferente, lo avete fatto a me (cfr. Mt 25, 31-46).

Il Sommo Pontefice Francesco, in data 25 giugno 2020, ha approvato questa Lettera, decisa nella Sessione Plenaria di questa Congregazione il 29 gennaio 2020, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Dato a Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 14 luglio 2020, memoria liturgica di san Camillo de Lellis.

Luis F. Card. LADARIA, S.I
Prefetto

 Giacomo MORANDI
Arcivescovo Titolare di Cerveteri
Segretario