1881-2021 centoquaranta anni fa don Guanella a Pianello (1)

Nel novembre 1881 don Luigi Guanella faceva il suo ingresso come sacerdote a Pianello del Lario. Da qui iniziò un momento che diede una svolta alla sua vita e all'inizio dell'opera che il Signore ha permesso che nascesse. Qui di seguito un racconto preparato da Suor Franca Vendramin, superiora della casa "Sacro Cuore" di Pianello del Lario

Don Guanella arrivò nella casa parrocchiale una sera di novembre del 1881, prima della festa di San Martino, da Traona dove si era recato per qualche giorno scendendo da Olmo. Era arrivato portando in mente soprattutto una idea fissa che nessuno era mai riuscito a togliergli: fare un po’ di bene a quanti erano nel bisogno, nella sofferenza o si sentivano abbandonati da tutti; da tutti, ma non da Dio, che è padre che non può dimenticare nessuno dei suoi figli.

Così si legge nelle sue Memorie autobiografiche Le vie della Provvidenza” …

Percorse circa trenta chilometri lungo la via Valeriana, il ponte del Passo e la via Regina, dopo aver provveduto a caricare «il povero letto e pochi mobili sulla carrettella, e via solo solo sino a Pianello Lario. Erasi alle 11 di sera e non si trovava modo di svegliare i dormienti dal primo sonno, finché il padre Mario Bosatta, ex francescano, vecchio ottuagenario, discese dalla sua casetta e levata una pietra di copertura del muro ivi, con questa batté così furiosamente che la vecchia Martina di soprassalto corse ad aprire».All’indomani la vecchia perpetua Martina Galperti «al mezzodì vuotava nel tagliere in cucina un’allegra polenta con un po’ di formaggio. Era il pranzo di ingresso del nuovo parroco. Nonostante, vennero a far visita il signor sindaco Giovanni Rocca, detto Giovanella, il signor assessore Giuseppe Mazzucchi, il signor prevosto viciniore di Musso, ai quali il don Guanella porse invito alla solennità del primo pranzo e così passò la prima giornata». A Pianello don Guanella dovette avere a che fare subito con una immeritata fama che lo aveva preceduto: «I commenti che si facevano in paese erano varii, perché era precorsa la voce di un prete montanaro di mente calda, ed essere meglio starne in attenzione e per intanto guardarlo più da lontano che da vicino». Ma ciò non lo turbava. La sua giornata era densa di lavoro pastorale. Si alzava molto presto «per dar luogo ai filandieri ed alle filandiere in maggior numero di ascoltare la santa Messa, di accostarsi ai santi Sacramenti avanti l’apertura dei lavori serici. Santa Messa e meditazione per conto proprio, più o meno della durata di mezz’ora, perché si credeva far valere lo studio e le occupazioni di ministero per supplire per il complemento di maggior tempo di meditazione strettamente metodica. Si sedeva a studio di lettura e di scritturazione. Dopo il breve desinare si facevano le visite agli ammalati insieme alle visite pastorali alle famiglie secondo le circostanze, ma dall’una alle due pomeridiane bisognava essere pronti per le Confessioni alle operaie, per il catechismo ai fanciulli per tutta la Quaresima. Si ritornava allo studio fino alla recita del Rosario in chiesa, dopo il quale seguiva la cenuncola, dopo la quale scuola serale agli adulti, senza segnare le ore di durata. Nei giorni festivi poi cresceva il lavoro di Confessioni e si faceva per lo meno sette fervorini ai confratelli, spiegazione del Vangelo, catechismo ai fanciulli e al popolo, conferenza alle Figlie di Maria, ai Terziari, all’Ospizio, il Rosario con fervorino nella parrocchiale alla sera e infine la scuola serale festiva come sopra. Nelle stagioni più facili si aggiungevano divertimenti e passeggiate per i fanciulli dell’oratorio festivo. Nei ritagli di tempo scritturazione di qualche pagina per i libretti in corso di stampa. E fu una provvidenza, perché il don Guanella era sempre come un pesce fuori acqua e ancora quando leggeva il periodico salesiano sentivasi ripetere: “I salesiani percorrono il mondo in benedizione, e tu?”, e provava poi di soffocare i suoi pensieri in una azione intensiva. Nella casa parrocchiale non era una tavola per scrivere. Il nostro amico Domenico Montebugnoli con quattro pali di vite alzò una scrivania e con quattro pezzi di una piccola trave spaccata un seggiolone che poi al Guanella servì per sette anni a scrivervi sopra le operazioni di uffici parrocchiali e insieme almeno una quarantina di libretti storici agiografici». (L. Guanella, Le vie della Provvidenza, o. c., pp. 73-74)

Don Guanella poi, nello scrivere la vita di suor Chiara (nel 1887/1888 e nel 1907/1908), “quella figlia che gli è molto cara, scava per così dire nella propria intimità; la figlia lo riporta entro se stesso, gli fa rivivere quegli anni di aspettazione, quando anch’egli, ancora relativamente giovane, era in ascolto di una chiamata …”. (P. Cerruti, Vita di suor Chiara scritta da don Guanella. Traccia per una lettura, p. 7). Sono pagine di una straordinaria bellezza che ci permettono di cogliere, dal “vivo”, ciò che vibrava nel suo animo che spesso si trovava nel crogiuolo della prova, alla ricerca della strada su cui sentiva di essere chiamato dalla Provvidenza fin dalla più tenera età. Alcuni stralci …

Addì 1 luglio 1881 essendo in Gravedona in qualità di coadiutore, quasi un cavaliere balzato dal destriero, un poco confuso, raumiliato e un poco anche indignato, udii del parroco Coppini che era morto in Pianello Lario e dell’ospizio di pie donne e di orfane da lui raccolte. Io non conosceva che in confuso quel sacerdote ma molto lo stimava. Mi balenò alla mente il pensiero non forse io l’avrei surrogato, e quel pensiero crebbe vivo vivo e in un momento mostrossi chiaro quasi una rivelazione che dicesse: «Poco a poco, ma di là tu incomincerai l’opera tua». Intanto rimasi a Gravedona e poi addì 26 agosto ad Olmo di Chiavenna e di là pel san Martino fui da monsignor Carsana chiamato e poi costretto a concorrere. Venni, vidi, non mi parve trovar chiara la voce di Dio per certi impedimenti che poi del tutto venivano da intendimenti umani altrui. Non voleva concorrere, ma fui costretto: non però mi decideva prender la istituzione canonica perché cura d’anime non voleva, e piuttosto sarei ritornato donde partii, alla Società Don Bosco e persino, a Dio piacendo, all’America. Passarono mesi, ed io che dalla voce orale del vescovo era assegnato alla guida dell’ospizio, ne era tenuto lontano. Quando la nube dell’equivoco si squarciò ed io mi vi applicai adagio con qualche ardore. Per cinque anni visitava regolarmente l’ospizio tenendo una conferenza alle maestre ed altra alla sera del dì festivo alle orfanelle, non più non meno per cinque anni, e intanto si pregava e si attendeva. Parve che il mio dire risollevasse quei cuori. Suor Chiara ascoltava con brama viva, avrebbe voluto correre correre e cooperò non poco perché le sorelle si risolvessero ad atti generosi di confidenza in Dio, di abnegazione di sé. Si pregava spesso e di cuore, e questo conferì non poco al progresso di quel pio ricovero. Lo scrivente ne prese la direzione e là allo ingresso della chiesa parrochiale è l’iscrizione che encomia il fondator Coppini. (L. Guanella, Opere edite e inedite, Vol. VI, “Un fiore di virtù da terra trapiantato nel paradiso”, 1887-1888; pp. 150-151)

Il sacerdote don Luigi Guanella

Quando in Pianella Lario il 1 luglio 1881 moriva il paroco Coppini, il sacerdote Luigi Guanella fungeva provisoriamente da coadiutore al suo padrino di Cresima e parente consanguineo, il sacerdote Lorenzo Buzzetti, arciprete in quella insigne cura. Il Guanella, per la condizione di quei tempi, aveva dovuto abbandonare la sua prima fondazione in Traona di Sondrio ed era come un uomo caduta da cavallo, da molti compassionato, da pochi aiutato. Mesi di poi fu invitato da monsignor Carsana, allora vescovo di Como, perché concorresse per la parochia di Pianello. Obbedì il Guanella, ma a condizione di non prenderne investitura, perché egli tuttavia aspirava a riprendere il filo di qualche istituzione. Entrò dunque in Pianello Lario, seguito dalla fama dell’uomo che per voler far molto, nulla ancor di buono aveva concluso: era l’uomo del Vangelo che «coepit edificare et non potuit consummare»; passava anche per intransigente e imprudente, e perciò era guardato con diffidenza a quei tempi nei quali anche per legge si erano soppresse le congregazioni religiose e si condannavano all’ostracismo gli intransigenti. Entrato in parochia, e per questo e per malintesi che si sparsero, il Guanella attendeva ai suoi doveri parochiali; guardava sol da lungi l’ospizio e, non chiamato, conservava la discrezione di non ingerirsene. Le sorelle Dina e Marcellina attesero prudentemente e poi pensarono: «Non potrebbe costui esser l’uomo di cui ne disse don Carlo Coppini che avrebbe fatto per noi più che non fece lui stesso?». Il sacerdote Leone Ostinelli, coadiutore a Cremia e come intimo al compianto don Carlo Coppini così benefattore e consigliere nell’ospizio, mostrò a Dina ed a Marcellina lettere autografe di don Bosco e di monsignor Luigi Anglesio, direttore della Piccola Casa della Divina Provvidenza in Torino; pose pure a leggere certi opuscoli dello stesso don Guanella, onde l’animo delle due sorelle cominciò ad aprirsi e confidarsi alla discrezione e allo zelo del nuovo arrivato, e così non se ne staccarono più mai. (L. Guanella, Opere edite e inedite, Vol. VI, “Cenni biografici di suor Chiara Bosatta”; 1907-1908; pp. 458 – 459)