Abbiamo già avuto modo di parlare della pala dell’altare dedicato alla Vergine nella chiesa di S. Vito ricordandone le vicissitudini. Fonte importante è la pagina scritta nell’ultima decade del XIX sec. da don Santo Monti nella revisione degli Atti della Visita Pastorale del vescovo Feliciano Ninguarda, avvenuta tra il 1589 e il 1593, che annota: “… una tela (tavola lignea, n.d.a.) rappresentante la B. V. col Bambino sulle ginocchia, con due Angeli ai lati in atto di preghiera. Dipinto anche questo del classico Ambrogio da Fossano detto il Bergognone. La tavola (qui la dicitura è giusta, n.d.a) ha le seguenti dimensioni: altezza metri 1,30, larghezza 0.68. Il contorno superiore venne adattato alla forma barocca della cornice. Tutt’altro che classico però appariva il quadro innanzi al 1873; poiché sebbene il Bambino fosse formosissimo, la Vergine Madre era ben brutta, dagli occhi loschi, di alterate fattezze, con nerastre e sproporzionate ombreggiature. Non potendo capacitarsi del come sulla medesima tavola risultasse tanto contrasto di pennello, dal prelodato signor Brisson si osservò, accuratamente si esaminò e si constatò che l’immagine della Vergine venne sconciata da qualche imbratta-pitture e guasta-arte, e forse anche a bella posta per salvare il dipinto da qualche bellico bottino, o per altri motivi a quest’epoca a noi ignoti. L’amore al bello, all’arte e al paese, sentito dal cav. Luigi Marchetti, e dall’egregio di costui nipote signor Carlo, loro inspirò e valse tanto, che a proprie loro spese e coll’opera del Brisson fosse raschiata quella figura dagli alterati e superficiali colori, da cui era lordata, e ridonata alle primiere forme, a quelle forme che l’invidiato pennello del Bergognone le aveva date. Nell’anno 1873 il signor Brisson condusse l’opera colla solita e propria sua maestria, ed ora dagli intelligenti nella pittorica arte si ammira quale pregevolissimo dipinto. I prefati signori benefattori a difesa di tale tesoro posero alla nicchia, entro cui sta il quadro, una porta di un sol pezzo di nitido cristallo”.

Un recente intervento di manutenzione dell’altare ha permesso il ritrovamento di due documenti apposti dietro la pala, che così dicono:
Anno di Grazia 1872. Guasta per chiodi, stacchette, spilli, aghi senza alcun riguardo infitti nel dipinto dall’ignoranza e dalla superstizione di tutti coloro che ebbero il carico della conserva e dalla custodia, non che miseramente deturpata da qualche imbianchino che col pretesto di ristauro le operò contrafazioni tali da renderla irreconoscibile, era conservata, come lo è tuttora, alla venerazione dei fedeli questa bellissima e pregievolissima tavola del Bergognone in una nicchia dell’altare dedicato alla Beata Vergine nell’antica Chiesa Parrocchiale di San Vitto alla riva del lago. L’ammirabile e straordinaria bellezza del Bambino, che per somma fortuna fu risparmiato dalle inique e sucide mani del preteso ristauratore, sebbene non lo fosse da quelle barbare dei custodi che, oltre alle stacchette e spilli, gli infissero profondamente anche un grosso chiodo nella coscia destra, fu la sola spiatrice ed indicatrice del gran pregio della tavola intiera. L’egregio Pittore Brisson di Milano, al presente uno dei più distinti ed accreditati ristauratori che vanti la Lombardia, venuto a Cremia per il ristauro del celebre dipinto di Paolo Veronese raffigurante San Michele che debella Lucifero, esaminata con diligenza la tavola in discorso ne rilevò e dimostrò le contrafazioni operatevi, e dichiarò possibile il ristauro, e la restituzione del dipinto al suo vero essere originario. Datane la ordinazione dal dr. Luigi oculista e Carlo Marchetti, zio e nipote, che ne assunsero a lor carico le spese di ristauro e della porticina in cristallo di un sol pezzo, il lavoro per parte del Prof.e Brisson fu eseguito con somma diligenza e perizia, e la tavola del Bergognone, mercè sua, venne restituita alla sua primitiva bellezza e sublimità con grande stupore ed ammirazione di tutta la popolazione. Il lavoro fu di vari giorni, e la spesa significante. Cav. Dr. Oculista Luigi Marchetti
Per disposizione, del Comm. Ettore Modigliani Direttore della R. Pinacoteca di Brera – Milano – e R. Sovrintendente alle Gallerie e raccolte d’Arte di Lombardia – furono rimossi i ristauri sopra indicati della testa della Madonna e del basso della veste per ricercare l’originario dipinto che ne appariva deturpato, e si procedette a nuovo ristauro pittorico dal Prof. Oreste Silvestri di Milano. A salvaguardare maggiormente il pregiato dipinto, tanto dalle influenze atmosferiche, quanto dal tarlo, tutto il legno scoperto fu con colore a smalto verniciato. Ciò fu fatto nell’aprile del 1921.
Il primo documento conferma l’intervento fatto dal restauratore Brisson grazie al tributo dei signori Marchetti; il secondo documento dice dell’interessamento delle Belle Arti della Lombardia, forse per la qualità del dipinto, con successivo intervento di restauro nel 1921.

Ancora oggi non abbiamo la certezza che la tavola sia del Bergognone, quell’ Ambrogio da Fossano che sempre la tradizione orale vorrebbe originario di Cremia, della frazione di Fossano ormai sparita. Per gli appassionati del patrimonio locale si può aprire una parentesi per una curiosità; questa immagine è molto simile e speculare di quella purtroppo quasi illeggibile in località Samaino, forse di Battista Malacrida da Musso, ritenuto emulo del più famoso Bergognone. Certo è che, anche ai nostri occhi, la dolce Madonna mostra suo Figlio come Salvatore del mondo, preannunciandone la passione con quel piccolo frutto che Egli tiene nella sua manina, simbolo del peccato originale. Rita Fazzini
Articolo tratto dal notiziario “Hesed” della Comunità Pastorale “San Luigi Guanella” n° 13