Ci vorrebbe una crepa

Una crepa, ci vorrebbe una crepa… Sembra strano dirlo quando in genere le crepe si tende a chiuderle (vedi lavori nella chiesa di Cremia). Ma ci sono crepe e crepe. Quelle sui muri e sulle volte sono necessarie da chiudere, ma altre invece servono… Come nella favola delle due anfore: una nuova e perfetta, non perde una goccia d’acqua; l’altra vecchia, piena di crepe e fessure dalle quali l’acqua scivola via in gocce, continuamente, lungo la strada che il contadino percorre ogni giorno per portare l’acqua al suo villaggio. Ma quelle gocce faranno germogliare i fiori che il contadino ha seminato al lato del sentiero, quello su cui sporge, dalla groppa di un asino, l’anfora crepata. Sì a volte abbiamo bisogno di crepe che ci facciano vedere la speranza che possiamo abbracciare se usciamo da alcune impermeabili paure o da blocchi che chiudono. La crepa permette di vedere ciò che c’è fuori dalle nostre vedute. La crepa permette di far uscire ciò che teniamo dentro a volte in modo egoistico. La pandemia ha chiuso tanta gente in paure e blocchi. Ha “impermeabilizzato” il cuore rendendolo duro nei confronti di Dio. Si ha timore di vivere la Messa, di vivere i Sacramenti dell’Eucarestia e della Confessione. Si impedisce in alcuni casi di poter esprimere quella carità e quella disponibilità che siamo in grado di donare e che abbiamo dentro di noi. Per poter uscire da alcune situazione in cui il timore ci fa arenare, ci possono aiutare le parole del poeta Charles Peguy a proposito della speranza:

La speranza vede ciò che ancora non è e che sarà. Lei ama ciò che ancora non è e che sarà. Nel futuro del tempo e dell’eternità.” (Charles Peguy – Il Portico del Mistero della Seconda Virtù).                                                  

 Dalle crepe può nascere vita.      don Luca

 

articolo preso dal Notiziario “Hesed” della Comunità Pastorale “San Luigi Guanella” n° 10 ottobre 2020