«Non spero nulla dall’uomo che lavora per la sua propria vita e non per l’eternità». (Antoine de Saint-Exupery) Questa frase dell’autore del famoso romanzo «Il piccolo principe» dipinge una situazione nella quale, nel contesto attuale, rischiamo di finire. La nostra esistenza è collocata nella tensione fra presente ed eternità. Il presente è quello che si vive tutti i giorni nelle occupazioni quotidiane. La famiglia, il lavoro, lo studio, la vita sociale, i passatempi e altro ancora, ci collocano nel presente. Le frasi comuni: «Cosa c’è da mangiare stasera?» oppure: «Come è andata la scuola oggi?» e via dicendo, ci rendono bene l’importanza che il nostro presente porta con sé. La concretezza della vita ci porta a vivere coi piedi ben piantati per terra e ad essere attenti alle realtà che ci circondano. Pensiamo come sia decisiva per il cristiano la virtù teologica della carità, nel suo ampio spettro di possibilità, e di come questa vada vissuta nel presente. Questo vale anche per la fede e per la speranza, ovviamente. Se il presente è decisivo, è anche vero che si rischia di viverlo in modo non equilibrato. Se sono determinato solo e ossessivamente dal qui e ora esso rischia di distorcere l’approccio con la vita. Se manca la tensione e il desiderio di eternità tutto ciò che faccio è ripiegato su un presente che magari non sempre è facile e bello. Se il mio cuore non vibra di desiderio per l’eternità, ed è solo Dio che ce la dona in modo vero e autentico, esso è ridotto alle determinazioni che il presente mi sta dando. Pensiamo al contesto attuale, segnato in modo significativo dalla pandemia, dove molte abitudini e certezze si sono congelate, come questo possa far rischiare di non guardare al mio presente e al mio futuro con speranza. Già la nostra società è improntata sull’apparire e pesantemente protesa sull’attimo, aggiungendo il peso di una situazione di fatica si rischia di perdere la prospettiva per il futuro. E’ quello che ha causato anche negli anni scorsi la mancanza di fiducia sul futuro. Ad esempio la bassa natalità non è solo per problemi economici, ma è anche per una visione dell’esistenza che fa propendere per il godimento del presente, senza se e senza ma, non avendo come orizzonte una speranza che apre all’eternità. L’aumento di fatica nell’affrontare la quotidianità è perché non si dona spazio alla speranza e all’eternità. La Chiesa è sempre stata aperta al compito e alla missione di testimoniare la speranza all’umanità invitando a guardare a Cristo che era che è e che viene. don Luca
