Celebre è la frase del filosofo francese Blaise Pascal: «Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce» (Pensieri n. 277). In realtà per la Bibbia il cuore abbraccia anche l’intelligenza: «Il cuore intelligente cerca la conoscenza» (Proverbi 15,14), tant’è vero che si usa l’espressione «pensare in cuor suo», e «rubare il cuore» significa «ingannare o far perdere la testa». Il cuore è naturalmente anche un organo corporeo che può arrestarsi con un colpo apoplettico e condurre alla morte, come accade a Nabal, tradito da sua moglie Abigail, il cui «cuore si tramortì nel petto ed egli rimase come pietra» (1Sam 25,37).
Ma è soprattutto il centro della vita psicologica, morale e spirituale. L’amato del Cantico dei cantici si rivolge alla sua donna così: «Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito con un solo tuo sguardo!» (4,9). Il cuore, quindi, rappresenta la dimensione affettiva e passionale che comprende la paura, come afferma Isaia quando descrive l’incubo bellico del re Acab e del suo popolo con questa immagine forte: «Il cuore fremeva come si agitano gli alberi del bosco, tormentati dal vento» (7,2). Questo profilo psicologico è variamente evocato, come accade per esempio nel libro dei Proverbi: «Non nutrire nel tuo cuore brama per la bellezza» della moglie del tuo prossimo (6,25); «una attesa troppo lunga fa male al cuore» (13,12) e l’ubriaco alla fine ha «il cuore che dice cose sconnesse» (23,33). Passiamo, così, all’aspetto etico che è incarnato nella formula curiosa del«cuore ingrossato/ingrassato/indurito» che vuole indicare l’ostinazione e la pertinacia nel male di colui che «trama progetti perversi» (Proverbi 6,18). Il volto morale del leb biblico comprende anche la positività. L’augurio che il Salmista rivolge al re ebraico è questo: «Ti conceda il Signore quanto anela il tuo cuore, faccia riuscire ogni tuo progetto!» (Salmo 20,5). Già a Davide il profeta Natan auspicava: «Va’ e fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te!» (2Sam7,3). Si passa, così, alla dimensione religiosa del cuore. Salomone, alla vigilia della sua intronizzazione chiede a Dio letteralmente «un cuore d’ascolto, perché sappia rendere giustizia al popolo e sappia distinguere il bene dal male» (1Re 3,9). È il cuore docile alla legge del Signore e alla sua parola, come si esige da ogni fedele autentico: «Ascolta, Israele: Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore (leb), con tutta l’anima e tutte le forze» (Dt 6,4-5; Mt 22,36-37). Ma il vertice del profilo teologico del simbolo è nel profeta Ezechiele che annuncia la grazia divina di un cuore aperto al bene e non «impietrito» nelle scelte perverse: «Io darò loro un altro cuore… Toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne» (11,19). Il cuore è, dunque, sinonimo di coscienza, è l’anima dell’esistenza, la sorgente dell’amore e del peccato, della razionalità e del sentimento. In finale, dobbiamo affermare che anche per la Bibbia – così come si è detto in apertura per Gesù – Dio ha un cuore paterno. Lo attesta un profeta padre come Osea che mette in bocca al Signore questa confessione: «Come potrei abbandonarti, Israele?… Il mio cuore si commuove dentro di me, le mie viscere fremono di passione» (11,8).