Un italiano malinconico

È uscito il 56° Rapporto Censis. In un comunicato stampa dell’istituto possiamo leggere che gli italiani hanno patito le “quattro crisi sovrapposte dell’ultimo triennio: la pandemia perdurante, la guerra cruenta alle porte dell’Europa, l’alta inflazione, la morsa energetica”. Da queste crisi è germinata poi e soprattutto la paura di una terza guerra mondiale, di una crisi economica e di nuovi virus. E come rispondono i nostri compatrioti? Rimboccandosi le maniche? Marciando verso il nemico? Lanciando il cuore oltre l’ostacolo?  No. Raggomitolandosi su sé stessi. E’ interessante, purtroppo, vedere che 8 italiani su 10 affermano di non avere voglia di fare sacrifici per cambiare, diventare altro da sé. Il bilancio? L’89,7% degli italiani dichiara che, pensando alla sequenza di pandemia, guerra e crisi ambientale, prova tristezza, e il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo. È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente dell’«io» sugli eventi e sul mondo, un «io» che malinconicamente è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando si tratta di governare il destino. Una dimensione malinconica è quella che pervade l’italiano oggi. D’altronde per anni, e tutt’ora, gli è stato detto a più riprese che non serve credere in Dio, che anzi è meglio metterlo fuori dalla porta. E’ stato detto che ciò che conta è il proprio “io” soddisfatto e felice, consumatore gaudente di vari prodotti, anche di quelli che non servono.

Malinconico perché svuotato. Perché slegato da un rapporto, quello con Dio, che non lo toglie dalle prove ma che lo rende certo di una speranza per il presente e per il futuro. Una speranza che permette allora di avere un desiderio bello per la vita, un desiderio che tiene dentro tutto e non si accontenta di piccoli pezzettini di felicità, di qualche like sui social. Tolto Cristo dalla vita si rincorrono i “diritti civili”, il politicamente corretto, le teorie che scavalcano l’ordine naturale, quasi a farli diventare un collante per illudersi di credere in qualcosa ma che invece portano ad un corto circuito per cui si viene soffocati e spesso anche dalla violenza, verbale e non. Basta pensare a coloro che si oppongono al plagio mentale del politicamente corretto, vengono, se va bene, tacciati di oscurantismo e di tutte le varie forme di fobia. Davanti ad una realtà di malinconia giunge propizio il messaggio del Natale, al quale ci stiamo preparando. Natale che ci dice il Dio-con-noi, che viene per stare accanto all’umanità, per portare la sua compagnia e la speranza in un destino buono. L’Avvento è tempo di attesa, e questa non corrisponde forse a ciò che c’è nel cuore dell’uomo? L’attesa di una Presenza che può dare consistenza al presente e rompere il giogo pesante della malinconia. don Luca