Sono di moda dei termini che in certi periodi sono usati spesso e volentieri (a volte e non di rado anche a sproposito…). Sollecitato dalla frangia dei puristi della lingua italiana presente fra i fedeli dieci lettori di questo foglietto, mi accingo ad abbinare il termine “inclusivo” ad un segno tipico del Natale che è il caro, amato, e a volte bistrattato, Presepe. “Inclusivo” viene definito così dai vocabolari: “Inclusivo è un ambiente dove tutte le diversità vengono valorizzate così da dare a tutti pari possibilità di crescita in un sistema equo e coeso in grado di prendersi cura di tutti i cittadini, assicurandone la loro dignità, il rispetto delle differenze e le pari opportunità”. Ebbene guardando al Presepe possiamo notare come esso sia la quintessenza della inclusività. C’è infatti la presenza di vari e diversi personaggi.

C’è Gesù Bambino, in primis, l’Ospite per eccellenza, che però non ha visto subito applicata su di Lui l’inclusività, tanto che è dovuto andare in Egitto per sfuggire a sorti non proprio gentili. Abbiamo la Madonna e San Giuseppe che come Sposi con prole si sono dovuti accontentare di una stalla per far nascere il loro Figlio. Nel Presepe ci sono i pastori che all’epoca erano considerati da qualcuno un po’ rozzi e comunque da evitare. Ci sono poi i Magi, che mostrano età e colori della pelle diversi, segno che il Bambinello è nato per tutti i popoli. Facendo un passo ulteriore, nel Presepe sono presenti, e rispettati, anche gli animali. Bue e asinello, pecore e cammelli, con l’aggiunta a volte di altri animali da cortile. In più ci aggiungiamo che siamo in un ambiente “green”, all’aria aperta con zero emissioni di CO2 (qui bisognerebbe chiedere a qualche esperto del settore circa le mucche, ma non mi addentro nell’esame della questione) e con mobilità sostenibile, dove tutti andavano a piedi, con al massimo qualche VIP in cammello. Si può vedere quindi come il Presepe sia inclusivo e accolga già, in lauto anticipo, tante tematiche oggi molto sentite. Eppure oggi il Presepe dà fastidio: non lo si vuole presente nelle scuole o negli ambienti pubblici. Lo si riempie a volte di fesserie e stupidate che ne snaturano il significato originario. Perché ciò? Perché il Presepe, pur essendo inclusivo, ci porta un messaggio bello e allo stesso tempo sconvolgente: Dio nasce per amare l’umanità, per salvarla dal male che la colpisce. E questo dà fastidio, non si vuole Dio presente nella vita della società, del mondo. Si preferisce toglierlo o camuffarlo. Ma l’irriducibile Verità del Natale si pone davanti a noi, grazie a questo segno, semplice, povero e inclusivo (ce l’ho fatta a ripetere 9 volte questo termine…). E guardando il piccolo Presepe etnico che ho sulla mia scrivania, mentre scrivo queste righe, mi viene da dare un bacio a Gesù Bambino. don Luca