“L’anima dei giusti è nelle mani di Dio,
nessun tormento li toccherà.
Agli occhi degli stolti sembrò che fossero morti e la loro fine fu considerata un castigo e la loro partenza da noi una distruzione; essi, invece, sono nella pace.” (Sap 3,1-3)
Preso superficialmente, il testo sembra affermare l’immortalità di un’anima che, separata dal corpo, vive beatamente presso Dio. In realtà, il soggetto dell’intero testo è al maschile (“essi”). L’autore sta cioè parlando dei giusti, non delle loro anime. Il termine “anima” porta qui con sé una concezione tipica della Bibbia di Israele: si riferisce all’intera persona, all’essere umano inteso secondo la sua dimensione interiore. Sono dunque i “giusti” ad essere nelle mani di Dio. Il “tormento” che non li toccherà si riferisce da un lato alla persecuzione che gli empi hanno scatenato contro di loro (cfr. Sap 2,10-20), dall’altro alle punizioni divine che i giusti sfuggiranno dopo la loro morte. Ma più importante, per noi, è ciò che l’autore dice nei vv. 2-3. Sembravano morti, ma sono invece nella pace.
Come sarebbe a dire che “sembravano morti”? Quando uno è morto, è morto. Il libro della Sapienza gioca qui su una visione ambigua della “morte”. La vera morte non è per lui la morte fisica, che in realtà tocca a tutti, buoni o cattivi.
La morte fisica non è tuttavia vera morte; per i giusti, infatti, è passaggio all’essere nella pace, al vivere con Dio. Per i malvagi, invece, la Comumorte fisica sarà preludio di una morte ben più grave, quella eterna.
Solo chi guarda le cose in superficie (gli “stolti”) non si accorge che la morte fisica non è affatto l’ultima parola della vita. E tende a definire la morte con eufemismi come “fine” o “partenza”; chi non sa vedere oltre, non comprende che dietro la morte fisica c’è l’ingresso nella pace. Il libro della Sapienza non ci dice in che cosa consista questa “pace”; ma il termine, tipicamente biblico, è già sufficiente per suggerirci che la vita continua in una situazione di pienezza e di gioia.
La Bibbia, Parola di Dio, ci mostra quindi come la realtà della morte sia un passaggio e che la vita terrena è un prezioso dono per fare il bene nella volontà del Signore. Ciò ci introduce a comprendere come la morte non sia la fine di tutto ma una nuova nascita per la vita eterna in Paradiso, se saremo stati capaci di meritarla attraverso la nostra esistenza.
don Luca